Opere | Crocifisso ligneo, 1325/1330
Bibliografia essenziale:
G. DE FRANCOVICH, Lorenzo Maitani scultore e i bassorilievi della facciata del duomo di Orvieto, in «Bollettino d'arte», VII, 1927-28, pp. 339-372;
P. TOESCA, Il Trecento, Utet, Torino 1951, pp. 278-292;
E. CARLI, Architettura e scultura, in Il Duomo di Orvieto e le grandi cattedrali del Duecento, atti del convegno internazionale (Orvieto, 12-14 novembre 1990) a cura di G. Barlozzetti, Nuova ERI Ed. Rai, Torino 1990, pp. 27-51, in part. 37;
G. PREVITALI, Studi sulla scultura gotica in Italia, a cura di L. Bellosi, Einaudi, Torino 1991, pp. 5-30, 45-69:
C. FRATINI, Nuove acquisizioni per la scultura “umbra” trecentesca, in Scultura e arredo in legno fra Marche e Umbria, atti del convegno (Pergola, 24-25 ottobre 1997) a cura di G. B. Fidanza, Quattroemme, Ponte San Giovanni (Perugia) 1999, pp. 43-56, in part. 47, 49-50;
E. LUNGHI, La Passione degli Umbri. Crocifissi in legno in Valle Umbra tra Medioevo e Rinascimento, Edizioni Orfini Numeister, Foligno 2000, pp. 124, 126-127;
A. FRANCI, Guido Farnese, Ramo di Paganello e il capitello dell'Ave Maria nel duomo di Orvieto, in «Arte cristiana», LXXXIX (2001), pp. 5-16;
G. TIGLER, Orvieto 1284-1334. Le sculture della parte bassa della facciata, in E. e S. Ciol, La facciata del duomo di Orvieto, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano) 2002, pp. 12-25;
L. BELLOSI, I rapporti artistici fra Siena e Orvieto nel Trecento. Lorenzo Maitani e il “Maestro Sottile”, in «Prospettiva», 2006, 121-124, pp. 223-226;
A. CANNISTRÀ (a cura di), Le Stanze delle Meraviglie. Da Simone Martini a Francesco Mochi. Verso il nuovo museo dell’Opera del Duomo di Orvieto, catalogo della mostra (Orvieto 13 aprile 2006 – 7 gennaio 2007), Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2006, pp. 46-47, 55, 61-62, 72;
C. FRATINI, Orvieto scultrice, in Storia di Orvieto. II. Medioevo, a cura di G. M. Della Fina, C. Fratini, Quattroemme, Perugia 2007, pp. 499-522;
J. WIENER, Lorenzo Maitani und der Dom von Orvieto, Imhof, Petersberg 2009, p. 345;
C. D’ALBERTO, Roma al tempo di Avignone. Sculture nel contesto, Campisano Editore, Roma 2013, p. 136;
L. CAVAZZINI, Natura e scultura. Assisi, Perugia, Orvieto, in Medioevo, natura e figura, atti del convegno internazionale (Parma, 20-25 settembre 2011) a cura di A. C. Quintavalle, Skira, Milano 2015, pp. 595-607.
L’eleganza dello schema tipologico e la delicatezza espressiva che pervade il Crocifisso nella collezione Bacarelli-Botticelli di Firenze risentono in modo diretto della lezione di uno degli episodi più alti della cultura gotica italiana durante i primi decenni del Trecento, vale a dire il cantiere del Duomo di Orvieto.
A mio parere, infatti, la silhouette slanciata, il disegno grafico dell’intaglio e il naturalismo armonico dell’anatomia sono termini indicativi di un raffinato scultore della bottega di Lorenzo Maitani: maestro di origine senese celebre per la personalità artistica così forte ed eclettica che ancora oggi la critica dibatte sugli apporti che ne determinarono il linguaggio, senza dubbio intriso di un classicismo filtrato più pittoricamente rispetto al contesto toscano. Già sopranominato ‘Maestro sottile’ da Pietro Toesca (1951) proprio per il virtuosismo della sua produzione plastica, Maitani è documentato a Orvieto nel 1310 come capomastro del Duomo, ma si ipotizza che presso la stessa fabbrica fosse già attivo in precedenza fino a subentrare come responsabile. I quattro pilastri istoriati della facciata sono estremamente emblematici della portata innovativa di tale momento e, benché concepiti attraverso un progetto unitario, suddiviso da sinistra a destra con scene del Vecchio testamento (I-II pilastro), del Nuovo testamento (III) e del Giudizio Finale (IV), rivelano due distinti accenti gotici.
La costruzione del Duomo cominciò all’inizio degli anni novanta del XIII secolo e in questa prima fase operò Ramo di Paganello, anch’egli architetto e scultore senese che sappiamo essere rientrato da un esilio oltremontano, probabilmente in Francia visto l’intento francesizzante dei rilievi a lui attribuibili nella parte inferiore dei pilastri interni, da considerare i più antichi. La zona superiore e soprattutto i pilastri esterni vanno invece ricondotti al ruolo di Maitani, l’intervento del quale è confermato per l’indiscussa relazione di stile con i sei Angeli reggicortina in bronzo che un documento del 1325 riporta essergli stati pagati. Il gruppo campeggiava nella lunetta del portale centrale (ora nel Museo dell’Opera) per celebrare una grande Maestà lapidea che, scolpita qualche anno prima, è assegnata allo stesso artista con la collaborazione della bottega. Oltretutto la data anzidetta non solo consente di collocare entro il volgere del terzo decennio i fregi dei pilastri esterni, ma anche tre splendidi Crocifissi lignei realizzati da Maitani o sotto la sua stretta regia. Nel Duomo se ne trovano due, quello dall’aspetto probabilmente più antico nella sagrestia dei Canonici (1325 circa) e il secondo nel presbiterio (già nella chiesa di Sant’Agostino) (1325/30 circa), mentre l’ultimo esemplare (1330 circa) è collocato nella chiesa di San Francesco. Così come per i paralleli della facciata del Duomo selezionati nella sintesi comparativa allegata, la pertinenza tra questi intagli e l’opera Bacarelli-Botticelli è piuttosto eloquente e, per quanto sia condizionata dal maggiore verticalismo dei confronti monumentali, la tensione organica tagliente e la fisionomia affilata appaiono quasi sovrapponibili, soprattutto in relazione agli esemplari della sacrestia e del presbiterio.
Nel caso in esame anche la scelta di un massello di maggiore durezza come il legno di frutto in cui è ricavata la figura, forse pero, rivela la volontà di praticare una lavorazione in grado di definire in modo lenticolare i dettagli, peraltro secondo una consuetudine che a Orvieto trova più di qualche riscontro nella scultura lignea compresa tra la fine del XIII secolo e il primo terzo del secolo seguente, tra cui l’imponente Cristo in trono benedicente (1330 circa) della Congregazione della Carità (ora al Museo dell’Opera).
Il nostro Crocifisso si distingue anche per la coerenza tecnica riservata alla testa, innestata al torso come le braccia in modo tale da permettere di reclinarla sul petto per ottenere un effetto realistico. In attesa di potere approfondire il ragionamento fin qui proposto, la cronologia ipotizzata verso il 1325/30 è altresì supportata implicitamente da epigoni locali come il Crocifisso (1340 circa) nella chiesa di Santa Maria dei Servi e il Cristo deposto (1340/50 circa) in San Ludovico, caratterizzati da intagli stereotipati e più stanchi se paragonati alla mimesi gotica ancora vibrante del manufatto Bacarelli-Botticelli.
Luca Mor
Compila il modulo e ti risponderemo rapidamente